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GARBAGE TIME – LeBron e Melo, i free agents che tengono un’intera lega con il fiato sospeso!
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11 anni agoon
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Redazione![Calcissimo image placeholder](https://www.calcissimo.com/wp-content/uploads/2023/11/calcissimologobiancoconsfondo_01-1-1.png)
“Essere (un Knicks, un Heat, un Lakers, un Bulls, un Mavericks, un Cavaliers, un Rockets) o non essere, questo è il problema”.
Il dubbio amletico, assilla ormai da qualche giorno la mente e tormenta i pensieri dei due grandi sconfitti di questa stagione NBA: Carmelo Anthony e LeBron James, i free agents più corteggiati in circolazione.
Essere un “All Star” ed un certo futuro “Hall of famer” e giocare nell’NBA, non è facile per nessuno, a maggior ragione se alla tua undicesima stagione da professionista non sei ancora riuscito a conquistare nemmeno un anello NBA, o se la dinastia che hai architettato (in una calda notte estiva lungo l’ispiratrice maestosità delle mura della Grande Muraglia cinese) e costruito per riscrivere i libri dei record è collassata su se stessa, implodendo sotto i colpi della furia vendicatrice dei San Antonio Spurs (“Not one, not two, not three… sorry just two!”).
IL CASO ANTHONY:
Esiste un club nella NBA, alquanto elitario, al quale però, francamente, tutti i giocatori farebbero volentieri a meno di essere iscritti: quello dei fuoricalsse che non sono mai riusciti ad indossare l’anello di Campioni NBA. Giusto per citare qualche nome dei soci del “No Rings Club”, alla voce: “C’ero quasi ma alla fine mi è sfuggito”, troviamo stelle del calibro di John Stockton, Karl Malone, Patrick Ewing, Chris Webber, Allen Iverson e Tracy McGrady. Attualmente, nominato socio “Ad honorem“, figura tra gli adepti, anche Carmelo Kiyam Anthony, entrato nella lega nella torrida estate del 2003, ed ancora alla disperata ricerca della tanto agognata affermazione. Dopo 8 stagioni a Denver e due anni fallimentari a New York, dove era stato accolto con gli stessi onori che i romani riservarono ad Ottaviano Augusto reduce dalla vittoria sulla flotta di Cleopatra, è giunto il momento di prendere per mano il proprio destino.
La squadra che dovesse riuscire a mettere sotto contratto l’ala da Syracuse, si aggiudicherebbe, senza mezzi termini, quello che, insieme a Kevin Durant, viene considerato come il miglior attaccante puro della lega, e le offerte, infatti, non mancano.
In rapida successione il numero 7, ha incontrato i Chicago Bulls (ancora orfani di Derrick Rose), gli Houston Rockets (dove il progetto è solo quello di accumulare All Stars, come se non ci fosse un domani) e i Dallas Mavericks (che nel frattempo hanno rifirmato a cifre assai più basse Wunder Dirk), ma ad oggi le due piste più percorribili sono quelle che portano a Los Angeles, sponda Lakers o ad una permanenza nella Grande Mela. Oltre che per una questione economica (i Lakers e Knicks sono gli unici a potergli garantire il massimo salariale: 97 milioni di dollari in 4 anni i primi e 129 in 5 i secondi), Anthony sarebbe infatti attratto da entrambi i progetti, oltre che dall’aspetto glamour e dal fascino delle due città certamente più mediatiche e scintillanti degli States.
A New York, la presenza del maestro Zen, Phill Jackson, è assai intrigante e l’ipotesi di un suo ritorno in panchina non è certamente da escludere a priori, mentre i Lakers con l’accoppiata Bryant-Anthony ed un supporting-cast, di altissimo livello (Gasol potrebbe infatti decidere di rifirmare, il rookie Julius Randle è assai promettente e Steve Nash, vecchio si, ma ancora in grado di fare la differenza se sano) diventerebbero immediatamente una contender in una western conference mai così dura e competitiva prima.
IL CASO JAMES:
Se c’è una cosa che il “Prescelto” ha compreso al termine di questa durissima stagione che ha ripresentato il salatissimo conto con la storia, e con i fantasmi del passato è che da soli, non si vince. Nessuno ci è mai riuscito, neanche chi come il Pelide Achille, era un semi-dio, con un’unica debolezza, tantomeno può riuscirci un giocatore di pallacanestro, per quanto straordinario che sia.
Quelli che nei progetti di James, sarebbero dovuti essere i suoi fedeli compagni, i suoi “Mirmidoni”, Dwayne Wade e Chris Bosh si sono accartocciati su loro stessi, vittime della loro stessa grandezza e di un giusto mix tra sfortuna, infortuni, narcisismo ed inevitabile scorrere del tempo.
L’uscita anticipata dal contratto (rinunciando ad oltre 42 milioni di dollari in due anni) è stata un chiaro segnale lanciato a Pat Riley che il roster, così come attualmente concepito non è sufficiente per puntare a competere ad armi pari con i campioni in carica di San Antonio. Con le dovute garanzie il numero 6 potrebbe decidere di restare a Miami condizionando così anche le scelte degli altri “Big two” (Bosh è dato molto vicino a Houston pronta ad offrire il massimo salariale).
Nelle ultime ore però sta prendendo corpo anche un’altra ipotesi: quella di un incredibile, quanto insperato ritorno, come testimoniato dall’incontro tra l’agente del “Prescelto” Rich Paul, ed il patron dei Cleveland Cavaliers, Dan Gilbert.
A quattro anni di distanza da quella “The Decision” che aveva tenuto l’America sportiva e non solo, con il fiato sospeso, una nuova telenovela in stile “Beautiful”, potrebbe questa volta terminare (si, questa a differenza di Beautiful terminerà), con un “happy ending” per i suoi vecchi tifosi, di Cleveland, sedotti traditi ed abbandonati dalla decisione di portare i propri talenti nella assai più ridente South Beach.
Nella “Mistake on the Lake”, James troverebbe una squadra giovane, talentuosa e determinata, in cui il “Prescelto” avrebbe il ruolo di leader assoluto nello spogliatoio.
Difficile resistere, d’altronde come dice un vecchio proverbio cinese: “Per quanto un albero possa diventare alto, le sue foglie, cadendo, ritorneranno sempre alle radici”.
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