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GARBAGE TIME – Parker, Ginobili e Duncan: i “Big Three” che hanno riscritto il libro dei record..
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11 anni agoon
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Redazione“Ci sono un francese, un argentino ed un caraibico”. No, non è l’inizio di una barzelletta di quelle un po’ sconce che accompagnano le nostre tipiche serate tra amici, qualche birra e l’insostenibile leggerezza dell’essere, ma la dimostrazione di come il basket moderno, al pari della nostra società, sia un qualcosa di mutevole, incostante, variabile: certamente diverso da quello dei vostri (e nostri) padri..
Lo storico latino Marco Terenzio Varrone, sulla base dei calcoli dell’astrologo Lucio Taruzio Firmano, ha stabilito in una delle 620 opere realizzate in quasi novant’anni di attività, la data del Natale di Roma: siamo nel 753 avanti Cristo, il 21 aprile. Ora, poiché non possiamo avvalerci della preziosa collaborazione dell’esimio Lucio Taruzio, ed il frutto dei suoi studi è andato, ovviamente, perduto, dobbiamo, per forza credere alla parola di Varrone.
Per nostra fortuna meno complicato, è invece riuscire a determinare quando un’altra storica dinastia abbia avuto inizio, la data è sempre quella, il 21 aprile, ma di 2756 anni dopo. Siamo nel 2003 a San Antonio, Texas, dove tutto, almeno secondo quanto riportano le leggende metropolitane, è più “grande”.
I San Antonio Spurs sono di scena all’SBC Center di San Antonio impegnati in una difficilissima gara 2 di playoff contro i Phoenix Suns. I texani, hanno il miglior record (60 vittorie e 22 sconfitte) in stagione regolare, e possono schierare tra le proprie fila l’MVP (il most valuable player) della lega, Tim Duncan, ma sono sotto 0-1 nella serie. In gara 1, infatti una tripla allo scadere di un certo Stephon Xavier Marbury, da Cony Island, New York, aveva ammutolito i solitamente assai calorosi tifosi degli Speroni.
San Antonio, però è molto più forte di questi Suns. La squadra è meravigliosamente diretta dalla panchina da Gregg Popovich, un ex agente della CIA, nato da padre serbo e madre croata, dotato di un’etica del lavoro ed una capacità di coniugare pallacanestro e rigore tattico senza precedenti. Popovich ha una cura maniacale dei particolari, e tratta tutti i suoi giocatori allo stesso modo, sia che questi si chiamino Tim Duncan, piuttosto che Matt Bonner.
Gli Spurs ruotano intorno ad un sistema difensivo che nell’NBA non può essere in alcun modo aggirato da nessun’altra franchigia: grazie alle “Twin Towers”, David Robinson e Tim Duncan (forse la coppia di lunghi più dominante che sia mai stata schierata su un campo di pallacanestro), costringono i palleggiatori avversari a convergere verso il centro dell’area, dove ad aspettarli trovano ostinati sia l’”Ammiraglio” che il nuotatore delle isole Vergini, venendo regolarmente respinti con perdite. Insieme ai due lunghi, completano il quintetto titolare: Bruce Bowen, cinque volte inserito nel primo quintetto difensivo della lega, Stephen Jackson, un pistolero texano senza mezzi termini, che con Popovich avrà per tutto il corso della propria carriera un rapporto di amore ed odio, e Tony Parker, un franco belga che amava il calcio e che a basket neanche voleva giocare. In panchina, insieme a grandi veterani del calibro di Malik Rose, Speedy Claxton, Kevin Willis e Steve Kerr, siede un giovane argentino, di Bahia Blanca, Buenos Aires, passato in gioventù anche per la Viola Reggio Calabria e la Kinder Bologna, Manu Ginobili.
Per provare a spiegare l’impatto di William Anthony “Tony” Parker ed Emanuel David “Manu” Ginóbili Maccari, sulla storia dei San Antnio Spurs, possiamo ricorrere ad un concetto introdotto per la prima volta dallo scrittore inglese Horace Walpole, e che indica la fortuna di fare felici scoperte per puro caso: la “Serendipità”. Senza essere troppo prolissi, per renderla immediatamente comprensibile a tutti, mi avvalgo delle parole del biomedico americano Julius H. Comroe, che con grande limpidezza ha esposto tale concetto meglio di chiunque altro: “La serendipità è cercare un ago in un pagliaio e trovarci la figlia del contadino”.
Ma torniamo a gara 2. San Antonio, come da pronostico, trascinata da un Duncan formato “Bill Russel”, e da un Jackson versione sceriffo, riporta la serie in parità, ottenendo, in realtà, molto più della semplice vittoria che vale l’1-1. Sull’onda dell’entusiasmo, inizia per gli Spurs il cammino che terminerà soltanto alle NBA Finals, dove battendo 4-2 i New Jersey Nets di Jason Kidd, Kenyon Martin e Richard Jefferson, si laureeranno campioni NBA per la seconda volta, bissando lo straordinario successo ottenuto nel 1999.
Ma quello che a noi più interessa è il valore intrinseco che questa vittoria, ottenuta in rimonta contro Phoenix, ha anche semplicemente rispetto alle altre della medesima serie. Possiamo, in un certo senso, considerarla come la celebre “Numero 1” di Zio Paperone (o Uncle Scrooge per dirla all’americana), ovvero la più preziosa di tutte, perché la prima di una lunghissima serie che il trio Parker, Ginobili e Duncan, otterrà insieme nella decade successiva.
Attualmente gli Spurs, sono impegnati nella loro seconda Finale NBA consecutiva contro i Miami Heat del “Prescelto”, LeBron James, ed il tassametro di quelle vittorie nei playoff è temporaneamente fermo a quota 114. Il francese, l’argentino ed il caraibico, hanno superato Magic, Kareem e Michael Cooper dei Los Angeles Lakers dello showtime fermi a 110, riscrivendo il libro dei record ed affermandosi come i “Big Three”, più vincenti di tutti i tempi, alla faccia delle barzellette un po’ sconce…
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