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La Battaglia di Santiago, il giorno in cui la fecero pagare cara agli Azzurri
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10 anni agoon
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RedazioneUna corrida, una vergogna, o meglio ancora, come la definì uno dei colpevoli, “una caccia all’uomo”.
La partita tra l’Italia e il Cile padrone di casa dei Mondiali 1962 verrà ricordata come la Battaglia di Santiago, una delle gare più violente che la storia del calcio ricordi.
Cominciò tutto dai report “troppo spinti” di alcuni giornalisti italiani, che, al momento dell’assegnazione del torneo, definirono il Cile come una realtà da terzo mondo. Gli articoli furono ripresi in Sudamerica e generarono una grande rivolta popolare, e in patria si creò una grandissima attesa per la partita contro gli Azzurri.
La Nazionale aveva pareggiato la prima gara del girone contro la Germania Ovest, e presentava grandi oriundi come Sormani, Altafini, Maschio e Sivori, oltre a un giovane Gianni Rivera e un mastino come Giovanni Trapattoni. Non bastò però la classe ai nostri il 2 giugno, contro i padroni di casa: l’onta per le frasi incaute degli italiani doveva essere lavata, e la partita, giocata a Santiago davanti a un catino di 66mila persone, si trasformò fin da subito in una interminabile rissa.
La cronaca del “match”: dopo otto minuti il centravanti cileno Landa commette un intervento da omicidio su Mora, clamorosamente l’inglese Kenneth Aston lascia correre, ma alla fine dell’azione Ferrini si avventa su Landa e viene immediatamente espulso. Si scatena una mischia furibonda, interviene la polizia, ma Leonel Sanchez riesce a rifilare un pugno da ko a Humberto Maschio, fratturandogli il setto nasale, e ancora una volta Aston non vede. Tutto questo dopo 10 minuti di gioco.
I gendarmi interverranno altre 3 volte nel match, per sedare altrettante risse, provocate da interventi durissimi e scontri al limite. Verso la fine del primo tempo Sanchez, dopo un duro contrasto con David, si rialza e colpisce con un pugno il difensore italiano: Aston decide di punire solo l’azzurro con il cartellino rosso.
L’Italia in nove e con Maschio infortunato (allora non erano permesse sostituzioni), resiste fino al 75′, poi crolla sotto i colpi di Ramirez e Toro, perdendo per 2-0. La vendetta è compiuta: a nulla servirà il 3-0 degli Azzurri nell’ultima partita contro la Svizzera, la Nazionale è fuori.
Anni dopo l’arbitro Aston, non certo uno sprovveduto, confessò di non essere riuscito a mantenere la situazione sotto controllo a causa della impressionante pressione ambientale: “Fu un’autentica caccia all’uomo, non una partita di calcio. Volevo sospendere l’incontro, ma durante l’intervallo venni convinto a finire la partita a qualunque costo. Quei 70 mila tifosi potevano trasformarsi in una catastrofe. Il guardalinee messicano mi riferì dei pugni a Sanchez e Maschio, ma dovetti far finta di nulla. Non stavo arbitrando una partita di calcio, facevo il giudice in un conflitto militare”.
In Italia i giornali criticarono apertamente l’arbitro Aston, una sorta di precursore di Byron Moreno, ma sorvolarono sui falli dei giocatori italiani. Per settimane la polizia fu schierata a difesa del consolato cileno, per timore di rappresaglie.
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