Pazza Inter
Lo strillo di Borzillo – Apperò, Simone!
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3 anni agoon
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RedazioneQuando a luglio scorso Giuseppe (per tutti Beppe) Marotta portò a casa, convintamente, Simone Inzaghi, che tra l’altro risultava essere nei suoi radar già da tempo, molti tifosi interisti, siamo sinceri, storsero il naso. Nulla di cui vergognarsi, per lungo tempo si erano rincorse storie, leggende e fantasie intorno alla figura di Massimiliano Allegri, facciamo pure nome e cognome, che aveva sostituito Antonio Conte già ai tempi bianconeri, tra un ristorante e l’altro. Poi ingaggio monstre, parola già data, bazzecole, quisquilie e pinzellacchere avrebbe detto l’immenso Totò, sta di fatto che Allegri prende il ramo autostradale diretto a Torino e Marotta, dopo esserci rimasto malino due secondi, alza il telefono per chiamare Simone Inzaghi da Piacenza, quarantasei anni il prossimo aprile, cresciuto facendosi le ossa alla corte di Lotito, mica pizza e fichi. Il nostro nuovo eroe si presenta senza frizzi e lazzi, nessun fuoco d’artificio, atmosfera simil catastrofica che in casa nerazzurra si respira, concreto, il ridimensionamento, e dove vuoi che vada ‘sto ragazzino alla prima vera esperienza in una grande? Attenzione, dove per grande si intende una Società destinata, necessariamente, alla vittoria o a un ruolo di assoluta protagonista, perché a Milano nulla viene perdonato, se poi vesti il nerazzurro anche più di nulla.
Qualche domanda pruriginosa viene posta a Inzaghi junior, dribblata con arguzia e intelligenza oserei dire. Poi la cessione, inattesa, dell’ex centravanti che con Simone si era speso elogiandolo pubblicamente e dichiarando, per l’ennesima e inutile volta, il suo amore e fedeltà al nerazzurro, convinto anche dalle parole scambiate col nuovo tecnico, non mi sto inventando niente, ci sono fior di virgolettati in proposito. Lì, raccontano gli informatissimi, qualche lieve scazzetto ci sarebbe stato, prontamente sedato dall’intervento di Marotta, l’uomo ovunque della Società interista, e pensare oggi a quelli che si strapparono i capelli per il suo arrivo, congiure e trame per distruggere l’Inter, fa decisamente sorridere. No, dai, facciamo ridere, rende meglio.
Simone lavora. Poi lavora. Poi lavora. Si tenta anche di stuzzicarlo, ma il nostro ha sempre una parola buona per tutti e, soprattutto, possiede la strana abitudine di non sventolare i fatti suoi in piazza. Suoi e dell’Inter, sia chiaro. Sicché mai un attacco, velato o meno, nei confronti di chi a fine mese gli elargisce un lauto stipendio. Solo lavoro. Tanto lavoro.
Parte balbettando, con quel maledetto problema degli ultimi quindici minuti. Esordio in Champions quanto mai sfigato, in campionato un paio di rigori, pro e contro, lo relegano a qualche punto dalla vetta: ma, va detto, la sua Inter ha sempre giocato un bel calcio, propositivo, all’avanguardia rispetto al panorama del pallone italico. La svolta, lo hanno detto i calciatori e non me lo invento io, avviene dopo il successo in rimonta ai danni del Napoli, senza infortunati ci terrei a sottolineare. Da quel momento l’Inter ha cominciato a correre sempre più velocemente mentre gli avversari, pian piano, andavano rallentando. In quaranta giorni, era il sette novembre quando si giocò il derby e lo svantaggio nerazzurro in classifica era di sette punti, sempre il sette che ritorna, l’Inter ha messo in fila sei vittorie raggiungendo e sorpassando la coppia allora al comando formata da Milan e Napoli, per l’appunto. Ma non sono tanto le vittorie a inorgoglire la tifoseria: è il modo di stare in campo, la circolazione di palla, la velocità a cui circola, i fraseggi, i tagli, le sovrapposizioni. Un mondo nuovo, dove l’Inter si sta trovando perfettamente a suo agio. Non vincerà niente alla fine? Può essere, ci mancherebbe. Ma le basi ci sono: e il futuro, se affrontato con questa quasi spavalderia pallonara, non potrà che essere soddisfacente.
Alla prossima.
Gabriele Borzillo