Pazza Inter
Lo strillo di Borzillo – L’Inter c’è, altro che ridimensionamento!
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3 anni agoon
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RedazioneNon c’era appello, inutile stare a menarsela con la storiella del manca tanto alla fine, c’è tutto il tempo, aspettiamo primavera e il corollario di ovvietà che si palesano quando è utile. Se l’Inter avesse perso contro il Napoli sarebbe stata durissima: eventualmente, proprio eventualmente, il pareggio avrebbe lasciato le cose come stavano, obbligando comunque le truppe di Simone Inzaghi a una rincorsa quanto mai complessa. Oltretutto, tanto per cambiare, il Napoli è passato in vantaggio nella prima occasione in cui ha tirato in porta. Francamente non mi sento di attribuire tutte le colpe presunte che ho letto a destra e a manca ad Handanovic: il portiere è palesemente coperto quando parte il tiro di Zielinski e non può farci nulla. Non vogliamo dire nulla altrimenti qualche tifoso si offende? Allora diciamo pochissimo, così un cinque per cento di responsabilità la scarichiamo su Samir e siamo tutti felici e contenti.
Nonostante lo svantaggio, fino a quel momento a dirla tutta gli azzurri di Spallettone mon amour erano parsi più dentro la partita, i nerazzurri al contrario contratti e distanti, l’Inter si è ricordata, improvvisamente, che lo scudetto, sul petto, lo ha cucito Lei e ha iniziato a giocare a calcio. Un gran bel calcio, per essere precisi. Giro palla, cambi di gioco, accelerazioni, uno-due, verticalizzazioni, l’intero campionario, da manuale insomma. Logico il pareggio quasi immediato, rigore sacrosanto, qui niente rigorino, rigorone, rigorastro, rigo quel che vi pare, con Calha freddo esecutore dagli undici metri mentre ancora ti chiedi perché caspita (altro sostantivo in rima con razzo, lazzo, mazzo non mi sembra educato, anche no) quel secondo, maledetto, schifoso rigore nel derby non lo abbia tirato lui, zozza la miseria. Il bello è che, dopo il pareggio, l’Inter ha continuato a spingere difettando, tanto per cambiare, negli ultimi trenta metri. E il passaggino sbagliato, e il tocchetto poco accorto, e la conclusione inutile: insomma, il solito specchiarsi nel laghetto dicendo quanto siamo belli quanto siamo bravi ma costrutto, accidenti, poco. Fino alla capocciata di Ivan il terribile Perisic da calcio d’angolo perfettamente tagliato dal turco con la maglia numero dieci. Ivan che, raccontano i benissimo informati, non rinnoverà preferendo tornare nella Bundesliga, il campionato che lo ha lanciato nel mondo del grande calcio con le maglie di Wolfsburg e Borussia Dortmund. Il tutto, sia chiaro, indipendentemente dall’offerta interista. Al cuore, qualche volta, non si comanda.
Ripresa dove ti aspetti calo nerazzurro con sfuriata partenopea, invece…invece l’Inter continua a giocare a calcio, il solito gran bel calcio. E Correa, uomo utile a dar fastidio nella terra di nessuno davanti all’area napoletana, si inventa una corsa di settanta metri prima di servire il Toro, alla ricerca del gollonzo per sbloccarsi mentalmente. Il Tucu offre al compagno il pallone, il Toro fa il Toro e chirurgicamente beffa Ospina, uno dei protagonisti del tardo pomeriggio meneghino.
Sembra fatta, i nerazzurri sono in totale controllo della gara. Poi i cambi, non tanto sbagliati negli uomini, mica è colpa di Simone se chi entra sembra aver paura della propria ombra, quanto nei tempi. Però, come ha ricordato il tecnico nel dopo partita, mercoledì c’è da vincere e tutti devono essere al cento per cento. Da lì, per essere precisi dalla magata di Mertens al minuto ottanta, una sofferenza infinita, che dura una vita. E qui sta il nocciolo della questione. L’Inter spesso gioca, domina, spreca e, porcapupazza, sviene negli ultimi dieci minuti mettendo in forse risultati ampiamente meritati sul campo. Simone deve intervenire, il problema esiste.
Per adesso godiamoci il presunto ridimensionamento, aspettando domani prima serata: c’è una Champions da onorare. Onoriamola.