Pazza Inter
Lo strillo di Borzillo – La solita storia!
Published
3 anni agoon
By
RedazioneQuel che mi viene da dire, così, spontaneamente, è: che palle. Cioè, vorrei dire altro ma senza urtare l’animo gentile di chi legge e a cui le parolacce danno fastidio. Così mi limito a una collezione di acc, dannazz, malediz come nei fumetti di Tex Willer o Zagortenay, lo spirito con la scure. Quarto scontro diretto, ammesso e non concesso che Juve e Lazio possano considerarsi alla stregua di scontri diretti, per l’ennesima volta chiuso senza i tre punti in saccoccia. Che avresti meritato ampiamente, lo dico cosicché nessuno possa avere il benché minimo dubbio della parte nella quale mi schiero. Come con la Lazio l’Inter gioca un bel calcio, propositivo. Anzi, per dirla tutta domina lunghi tratti della partita col Milan a difendersi e cercare di ripartire sfruttando immaginarie praterie non concesse da de Vrij e compagni. Il vantaggio iniziale non è meritato, è frutto di una scempiaggine pallonara di Kessie con Calha che approfitta, ruba palla all’avversario e viene agganciato dentro l’area. Doveri, ottima la direzione del fischietto della sezione Roma1 sempre presente, mai protagonista, ben coadiuvato dal VAR, finalmente, fischia rigore che lo stesso Calha trasforma proprio sotto la sua ex curva. Il Milan pareggia qualche minuto dopo, nello stesso modo immeritato: orrore nerazzurro ai limiti della propria area, punizione per i rossoneri, palla in mezza e deviazione vincente di de Vrij nella propria porta, un’autorete senza senso, con Tomori che va ad esultare come se il gol lo avesse fatto lui, che poi è l’impressione avuta da tutti. Guardi il replay e non capisci cosa ci sia da esultare come se tu fossi il marcatore quando la palla manco la sfiori: vabbè, il lato strano del calcio.
Da lì inizia la partita. Da lì l’Inter comincia a far gioco, il Milan a star dietro coi nerazzurri a sbagliare tutto lo scibile pallonaro. Un rigore con Lautaro, peggiore in campo per distacco, altra occasionissima per il ragazzo argentino che sbaglia con la porta praticamente spalancata, grave errore di Barella che a porta vuota, con un paio di difensori rossoneri sulla linea, calcia di prima intenzione una ciofeca rasoterra controllata facilmente sempre da Tomori, incredulo del passaggino fornito dall’avversario. È un rincorrersi di occasioni nerazzurre, con l’Inter a spingere, spesso e volentieri prima sulle seconde palle, e il Milan a guardare, cercando di tanto in tanto la sortita offensiva ma senza la necessaria cattiveria. Il copione non è che muti nel secondo tempo. Altre occasioni e situazioni pericolose in area Milan con gli uomini di Pioli a giocare gli ultimi dieci minuti sfiorando perfino la vittoria, beffa assurda, col palo a salvare Handanovic e tutti noi. Finisce pari ma raramente un pari mi ha lasciato così tanto amaro in bocca. Però qualche domanda bisogna farsela: perché se è vero, e lo è, che l’Inter risulta bella da vedere, è altrettanto vero che non è possibile creare otto o nove palle gol pulite a partite tirando fuori il golletto che poi non mantiene praticamente mai. Il problema non è Inzaghi, del quale di tanto in tanto non comprendo le sostituzioni ma è inattaccabile tatticamente parlando, l’Inter non è mai stata messa sotto dalle cosiddette dirette concorrenti. Manca cattiveria, cinismo, per assurdo le stesse cose che mancavano il primo anno di Conte. Ecco perché mi sento positivo e propositivo: vero, manca la vittoria con i pari grado. E bisogna lavorare, parecchio, su questa cosa. Ma l’Inter c’è, eccome: e i sette punti dal vertice sono più che recuperabili. Magari raddrizzando la mira.
E trovando un rigorista, finalmente.
Alla prossima.
Gabriele Borzillo