Pazza Inter
Lo strillo di Borzillo – Piedi per terra
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3 anni agoon
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RedazioneVincere aiuta a vincere, indubitabilmente. Ma, a volte, vincere può lasciare strascichi sia dal punto di vista fisico che mentale. La scelta assurda di far disputare l’ultimo atto di Coppa Italia durante il rush finale del campionato, sulle semifinali non mi pronuncio nemmeno – cosa vuoi pronunciarti cosa di fronte a robe del genere ma, abbiamo scoperto negli ultimi quattro giorni, il problema del calcio italiota è il fuorigioco, non l’essere relegati a periferia d’Europa – aggiunge nelle gambe altri minuti in più, importanti, che i giocatori dell’Inter dovranno preventivare da qui al ventidue giugno. Quindi mi piacerebbe non sprecare urla e strepiti in fantomatiche polemiche invece di parlare dell’argomento principale del calcio, da sempre: il calcio.
Perché alla fine ci si stupisce se non si va ai mondiali da otto anni e altri otto che non superiamo il gironcino, per un totale di sedici, tre lustri di poca utilità. Ma c’è poco da stupirsi, se a oltre tre giorni dal fischio finale di una partita si parla ancora di un fuorigioco che, attenzione, non avrebbe influito sul risultato e la storia del eehhh, intanto dammi il gol poi vediamo, scusatemi, non regge. Perché, a questa stregua, avresti potuto perdere cinque a uno. Tanto per chiarire, ovviamente, e chiudere il discorso in attesa del prossimo fuorigioco, del prossimo arbitro della sezione di Seregno, del prossimo il direttore di gara è l’alibi dei perdenti quando tocca a te ma se l’ingiustizia sportiva tocca (o toccherebbe) agli altri si trasforma, magicamente, in argomento importantissimo per la crescita del movimento. In tutto ciò l’Inter è chiamata ad affrontare l’uomo che, con tutta probabilità, non si sarebbe voluta trovare di fronte in un momento così delicato: José Mourinho.
Vabbè, chi non è interista non può e non potrà mai capire cosa significhi l’uomo di Setubal per la stragrande maggiorante dei tifosi nerazzurri. Lui, seppur concentrato in un breve lasso di tempo, è stato l’Inter. In tutti i suoi componenti. In tutte le sue sfaccettature. In tutti i controsensi che solo i colori del cielo e della notte possono trasmetterti. José Mourinho, l’uomo che alzò dopo quarantacinque anni la coppa dei Campioni nella magica nottata di Madrid, tra la follia generale dei tifosi nerazzurri, ebbri di gioia e felicità. José Mourinho, l’unico allenatore fino a oggi, nella storia del calcio indigeno, a essersi aggiudicato il triplete, la stagione perfetta. Ecco no, non ci meritavamo di scontrarci con un pezzo di storia dell’Inter nel momento topico di un campionato strambo e balzano, nel quale i calendari hanno valenza zero, nel quale abbiamo assistito a una astrusità non richiesta e insensata, il girone di ritorno asimmetrico, una pensata che vorrei conoscere chi l’ha inventata per dirgli bravo, bene, bis. Rifacciamolo anche l’anno prossimo, mi raccomando, insieme ai playoff, altrimenti stiamo parlando del nulla. Largo alle innovazioni, di questo genere e rilevanza, soprattutto.
Al netto di ciò, la domanda più frequente che il popolo interista si pone in queste ore è: ma che squadra dobbiamo aspettarci? È stata una stagione talmente costellata di alti e bassi da non poter contare più su alcuna certezza. Anche se propendo, sensazione, per un’Inter fuori dalle secche del non gioco, dell’improvvisazione, anche di quel pizzico di sfiga sempre presente quando le cose iniziano ad andare storte.
Coraggio e concentrazione. La strada intrapresa è corretta, ma disseminata di trappole. Per arrivare sani e salvi alla meta vanno evitate. Abbiamo le armi per farlo.
Alla prossima.