Serie B
Caso Morosini: “Omesso l’uso del defibrillatore” sostengono i gip
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12 anni agoon
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RedazioneE’ passato quasi un anno, ma le polemiche attorno alla morta sul campo da gioco di Piermario Morosini non accennano a svanire.
Ieri c’è stato un duro affondo da parte dei periti del gip, chiamati ad indagare proprio su quanto successo il 14 Aprile del 2012 durante Pescara-Livorno: “Tutti i membri dell’equipe hanno omesso di impiegare il defibrillatore – si legge nel referto – I medici sono chiamati a detenere nel proprio patrimonio di conoscenza professionale il valore insostituibile del defibrillatore. Lo sforzo fisico ha favorito la morte del giocatore”.
I periti puntano il dito sul perché non sia stato utilizzato il defibrillatore e sull’essere in grado di saperlo effettivamente usare; la perizia verrà distribuita nell’incidente probatorio del 19 Aprile e al suo interno si capisce quanto spazio è stato dato alle singole responsabilità dei quattro medici.
“In qualità di responsabile del soccorso nel campo della squadra ospitante, il medico del Pescara era chiamato a conoscere la disponibilità della strumentazione – scrivono i periti – la assoluta incardinata attività posta in essere da tale sanitario comunque dati i tempi di intervento riveste sicura dignità causale nel concretizzarsi dell’exitus del Morosini”.
“Per ciò che riguarda il medico sociale del Livorno sono riconosciute differenti incongruenze comportamentali, per il ruolo di non ospitante – si legge nel testo redatto dagli esperti -. Tuttavia anche egli avrebbe dovuto ricercare il defibrillatore, perché avrebbe sfruttato l’incomparabile opportunità di intervenire precocemente mediante defibrillazione esterna in un momento in cui la probabilità di pieno recupero del circolo cardiovascolare è massima (è il primo sanitario giunto nell’assistenza a Morosini). Tale omissione diagnostica-terapeutica, pertanto, riveste ruolo causale nel determinismo dell’exitus di Morosini”.
Stando a quanto sostengono i periti, ad ogni modo, “il ruolo più delicato” l’ha rivestito il medico del 118, Vito Molfese. A lui “sono addebitabili i maggiori profili di censurabilità comportamentale. Pur intervenendo in un momento successivo rispetto ai primi due medici, si deve a lui riconoscere, tuttavia, il ruolo di leader che egli avrebbe dovuto assumere, procedendo immediatamente alla ricostruzione degli atti di soccorso praticati dai colleghi, immediatamente riconoscendo l’assenza di impiego del defibrillatore ed operandone l’impiego ad un tempo in cui una defibrillazione esterna si sarebbe associata ad una probabilità di sopravvivenza ancora piuttosto elevata (circa 60 – 70 per cento)”.
Risulta invece più marginale il ruolo del primario di cardiologia Paloscia perché quando interviene “solo residue chance di sopravvivenza erano ormai ipotizzabili nel Morosini al momento dell’intervento, e in conseguenza per cui nessun rilievo causale è da assegnare all’erroneo comportamento di tale medico”.
Infine, nel redigere la perizia sulla morte di Morosini, gli esperti hanno confermato che il giocatore è morto per una “cardiomiopatia aritmogena“.
“Il decesso – scrivono – è inquadrabile come morte improvvisa cardica aritmica, secondaria a cardiomiopatia da cui era affetto, precipitata dallo sforzo fisico intenso”.
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