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Auguri a…15 agosto: Carlos Roa
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6 anni agoon
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RedazioneUna storia da film, quella di Carlos Roa. Portiere argentino che i più ricorderanno come l’assoluto protagonista del campionato mondiale di Francia ’98 per l’Albiceleste (prodigiosi i suoi colpi di reni nella lotteria dei rigori contro l’Inghilterra), Roa ha dovuto lottare per tutta la carriera con una salute altalenante che lo ha costretto più volte a fermarsi e ripartire, prima del ritiro -nel 2006- e la scelta di abbracciare la causa cristiana.
Ma andiamo con ordine: Roa nacque a Santa Fe il 15 agosto del 1969 e mosse i suoi primi passi calcistici nel Racing Club de Avellaneda, la squadra del Principe Milito, tanto per capirci. Con l’Academia giocherà per 5 anni, dal 1988 al 1993, prima di trasferirsi al Lanùs, sempre in Argentina. In mezzo c’è una rara forma di malaria che lo costringe ad uno stop forzato e che, vista l’aggressività della malattia, fa temere addirittura per la sua stessa vita.
Poi, proprio quando sembrava ormai destinato a rimanere uno di quei portieri conosciuti solo entro i confini della madrepatria, ecco l’inaspettata chiamata dell’Hombre Vertical, Hector Cuper, all’epoca allenatore del soprendente Maiorca. Roa divenne così un punto fermo di quella squadra miracolosa, capace di contendere al Barça la Coppa di Spagna e di soccombere in finale di Coppa delle Coppe contro la Lazio.
Le buone prestazioni con la squadra baleare gli vale il pass per il mondiale francese, che giocherà da protagonista assoluto: tra la porta inviolata per tutto il girone e i colpi di reni nella lotteria dei rigori contro l’Inghilterra, Roa diventerà uno degli eroi della spedizione albiceleste, che si concluderà ai quarti di finale.
Ma la troppa popolarità non giova al mite Carlos che, tornato al Mallorca dopo il viaggio mondiale e lusingato dalle offerte di molti top club europei, si sente come svuotato dei veri valori della vita. Ecco allora la scelta che proprio mai ti aspetteresti da un calciatore ricco e famoso: Roa sceglie un ritiro spirituale per dedicarsi come volontario alla predicazione evangelica e aderisce così alla Chiesa Avventista del Settimo Giorno.
Seguirà un viaggio in Messico dove il Lechuga (così chiamato per le sue abitudini alimentari inclini al vegetarianesimo) si dedicherà alla ricerca della spirtiualità facendo del bene al prossimo. Ma il richiamo del pallone è troppo forte e, un anno dopo, rieccolo a Maiorca, dove continuerà la sua carriera da professionista.
Dopo aver rifiutato le sirene della Premier League e dell’Arsenal in particolare (avendo scelto di non giocare il sabato, giorno del riposo, per motivi prettamente religiosi), Roa riparte dalla Liga dove però nel frattempo è scivolato al rango di riserva. Così l’anno dopo si accaserà all’Albacete, dove -dopo due anni da titolare- nel 2005 inizierà un’altra lunga lotta, quella contro il cancro ai testicoli.
Sarà un anno durissimo, di cure e allenamenti, che Roa affronterà sostenuto da un’incrollabile fede e da un covninto ottimismo, che lo riporterà a calcare ancora una volta -l’ultima- i campi di calcio, nel 2006 con l’Olimpo, formazione argentina che gli regalerà la sua vittoria più grande, ottenuta contro la malattia.
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