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Il paradosso azzurro

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Di Andrea Caleca

Nel calcio, come nella vita, ci sono momenti in cui il controllo sfugge di mano e persino il comandante più esperto non riesce a mantenere salda la nave. È in quei frangenti che intervengono il destino e la fortuna dei predestinati.
L’audace cavalcata di Calafiori e il tiro eccezionale di Zaccagni, uno di quei colpi che riescono una volta nella vita, hanno regalato all’Italia la possibilità di svegliarsi da un incubo che sembravamo aver accettato irrimediabilmente.
Nelle prime tre partite del girone, l’Italia ha faticato enormemente. Spalletti non ha trovato subito il giusto assetto tattico, insistendo su giocatori come Di Lorenzo, Jorginho e Dimarco, nonostante le loro prestazioni deludenti.
Malgrado i 95 minuti orribili contro la Croazia, quel gol finale ha regalato una speranza inaspettata. Questo in qualche modo dimostra che, sebbene Spalletti abbia ancora molto su cui lavorare,la squadra possiede una resilienza innata che potrebbe essere la chiave per il futuro.
Nonostante un gioco deludente e uno Spalletti spesso in confusione, l’Italia ha raggiunto paradossalmente il suo obiettivo, come un arciere bendato che, contro ogni previsione, centra il bersaglio. Alla fine, con quattro punti in questo girone che avevamo definito “infernale”, abbiamo ottenuto ciò per cui tutti avremmo firmato all’inizio.
Il futuro è ora, e dobbiamo costruire la fase finale di questo Europeo sulle solide basi e le poche certezze che abbiamo. Ripartiamo inevitabilmente da Gigio Donnarumma, il migliore indiscusso di queste tre partite, un top player e un leader. Fondamentale è anche il duo difensivo composto da Calafiori e Bastoni: anche se Calafiori sarà squalificato contro la Svizzera, questi tre giocatori sono gli unici che giocherebbero titolari ovunque. Dobbiamo ripartire dalla consapevolezza che, come Nazionale, siamo sempre stati dei “diesel” – lenti a carburare ma in grado di crescere durante la competizione, come accaduto nel 1982 e nel 2006. Ripartiamo da un’Italia che si unisce e da un gruppo che esce fortificato da una qualificazione raggiunta all’ultimo respiro.
Ora ci aspetta la Svizzera,una costante nella nostra storia,una squadra organizzata che come abbiamo visto contro la Germania, è una grande big a tutti gli effetti. Già nel 2021 aveva eliminato la Francia agli ottavi e perso solo ai rigori con la Spagna. È una squadra ricca di giocatori che conosciamo bene, come Ndoye, Freuler e Sommer, il che può rappresentare per noi “un arma a doppio taglio”.
Al coraggio dobbiamo necessariamente affiancare un gioco finalmente risolutivo e quella fame che a volte sembra mancare in tutte le zone del campo, nessuna esclusa.
L’invito al nostro commissario tecnico non può che essere quello di dare più di uno sguardo verso la panchina, dove abbiamo dimostrato di avere soluzioni capaci di risolvere le partite.Lo stesso Fagioli, che ieri ha dimostrato il suo talento nei pochi minuti a disposizione, è un esempio. Inoltre, giocatori “dimenticati” come Bellanova ed El Shaarawy potrebbero tranquillamente dire la loro in questa nazionale.
La profondità della panchina è un asset prezioso in competizioni intense come questa, e Spalletti dovrebbe considerare tutte le opzioni disponibili per affrontare al meglio la sfida contro la Svizzera senza favoritismi o gerarchie.
Il successo è spesso il risultato della fede incrollabile nei propri sogni. È inutile continuare se non ci crediamo fermamente noi da casa e loro in campo. Come abbiamo visto, il miracolo è già successo una volta; chi può dire che non possa ripetersi? Ora più che mai, è tempo di alimentare la speranza, di sostenere con tutta la passione la nostra nazionale e di credere fermamente che tutto sia possibile. ANDIAMO A BERLINO BEPPE!

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