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Lecce, Baschirotto: “Tatuaggi? Hai mai visto una Ferrari con gli adesivi?”

Il difensore del Lecce, Federico Baschirotto, ha parlato al periodico Men’s Health e si è raccontato a 360 gradi tra vita calcistica e fuori dai campi di gioco.

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Il difensore del Lecce, Federico Baschirotto, ha parlato al periodico Men’s Health e si è raccontato a 360 gradi tra vita calcistica e fuori dai campi di gioco.

IL PERSONAGGIO – “Quando hai lavorato nei campi non ti lamenti più perché devi allenarti. Scaricare un maiale da un camion è più dura che sollevare un bilanciere. Quando vedi tuo papà tornare a casa distrutto dalla fatica capisci che la vita non è tutta rose e fiori e non puoi lamentarti per un allenamento troppo duro. Da anni è sempre lo stesso: mi sveglio alle 7, colazione e palestra prima dell’allenamento con la squadra. A Lecce mi sono fatto dare le chiavi dal magazziniere, ormai sono diventato il preparatore atletico di me stesso. Tatuaggi? Non ne avrò mai: il corpo non si tocca, hai mai visto una Ferrari con gli adesivi? Ora il calcio è molto più fisico: sarà brutto da dire, ma ormai la tecnica non basta più da sola. I muscoli servono, chi più chi meno li hanno tutti. Io sollevo anche 140 kg di panca piana, ma in palestra ci vado per essere sempre più all’altezza in campo. Ho la stessa dieta di chiunque faccia sport ad alto livello. Qualche volta sgarro ma poi recupero. In passato qualche allenatore mi ha fatto problemi per il mio fisico, sì è successo, quando giocavo nelle serie minori. Ora no, ci si allena con il GPS per capire quanto si sprinta, quanti chilometri si fanno”.

 “Penso che questa sia la forza più grande che ho. Il 97-98 per cento delle persone si ferma alla prima difficoltà, io sto nell’altro 2 per cento. Sono arrivato in Serie A a 26 anni, ma ci sono arrivato. Anche se in tanti non ci credevano. A 13 anni sono stato scartato dal Chievo, a 18 mandato via dalla Cremonese. Ne ho passate tante, ma ogni step è stato una leva per farmi forza e ripartire. Ho sempre avuto forza di trasformare i momenti di down in up. Sono sempre stato il mental coach di me stesso. Per fortuna avevo anche chi mi stava vicino: la mia famiglia, il mio procuratore Guido Gallovich, figura fondamentale per la mia carriera”.

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