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Meteore del calcio – Ivan de la Peña: solo Maradona e Ronaldo furono pagati più di lui. Con risultati diversi…

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9 anni agoon
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Redazione
Ci sarebbero tante storie da raccontare sulla Lazio di Sergio Cragnotti. Prescindendo da ogni discorso sul successivo crack finanziario della Cirio, quello che tra le altre cose costrinse l’appena arrivato presidente Claudio Lotito, nell’ultimo giorno di mercato del 2004, a comprare nove giocatori in due ore. Oltre a Tommaso Rocchi, Sebastiano Siviglia e i gemelli Antonio ed Emanuele Filippini, un vero esercito di perfetti sconosciuti (Anthony Seric, Leonardo Talamonti, Esteban Rojas Gonzalez, Miguel Mea Vitali e Braian Robert, che si aggiunsero a Oscar Lopez e Matias Lequi, già in rosa. Tutte meteore).
Vogliamo però fare un deciso passo indietro e tornare al 1998, l’anno della prima finale continentale della storia biancoceleste (l’atto conclusivo della Coppa UEFA si giocò al Parco dei Principi di Parigi e vide prevalere l’Inter con gol di Zamorano, Zanetti e Ronaldo, con una celebre serpentina su Marchegiani) e del primato mondiale (in aprile) nella classifica di rendimento dei club stilata dall’IFFHS.
Il presidente Cragnotti, che a fine stagione aveva festeggiato ‘soltanto’ la vittoria della Coppa Italia, decise quindi di agire con il consueto vigore sul calciomercato estivo: rilevò i cartellini di Christian Vieri, Marcelo Salas, Sérgio Conceição e del ventenne Dejan Stankovic. Ma il vero fiore all’occhiello della campagna acquisti (oltre al centravanti azzurro, che per la prima volta in carriera avrebbe adottato il numero 32) arrivò dal Barcellona.
Un Barcellona in piena fibrillazione e alle prese con un deciso cambio generazionale dopo il flop del 1994 e della finale di Champions League persa ad Atene contro il Milan (4-0, un’ecatombe). Simboli del tradizionale gioco arioso a centrocampo dei blaugrana, in quella squadra che stava tornando al vertice in Spagna, erano due: il totem Pep Guardiola e il giovane Iván de la Peña, una delle più grandi promesse del calcio mondiale.
Titolare a 19 anni, il ragazzo di Santander strabiliò tutti con la sua assoluta intelligenza calcistica, il suo acume tattico e soprattutto un piede destro in grado di infilare qualunque pallone in qualunque corridoio del campo, anche se si trattava di un vero pertugio. E i suoi lanci erano sempre degli assist pronti ad essere corretti in gol. Vedere il video per credere.
Nella propria bacheca, oltretutto, poteva già esibire un Campionato spagnolo, due Coppe del Re, una Supercoppa Spagnola, una Coppa delle Coppe e una Supercoppa Europea, in soli tre anni di carriera. Così l’eco dell’acquisto del centrocampista più promettente del mondo da parte di Cragnotti fu assordante. Sarebbe stato come se una squadra italiana, qualche anno fa, avesse comprato Iniesta nel pieno del suo splendore. Un trionfo. E per ‘soli’ 30 miliardi di lire. A lui, però, fu assicurato il faraonico stipendio di sei miliardi di lire, il terzo più alto della storia del nostro campionato dopo quelli di Maradona e Ronaldo, non esattamente due carneadi.
La storia, purtroppo, andò in maniera del tutto diversa. Stanti le doti di De la Peña precedentemente elencate, la stellina spagnola si rivelò completamente inadatta alla serie A per quanto riguardava due altri aspetti: quello della preparazione atletica (si presentò a Roma in evidente sovrappeso e per i ritmi nostrani dimostrò ben presto di avere poco più di 45 minuti nelle gambe) e soprattutto della velocità di esecuzione. In altre parole, si rivelò drammaticamente lento.
Lo testimoniano i soli 14 gettoni collezionati in campionato (senza alcun gol segnato) e la scelta di Sven-Göran Eriksson di posizionare in cabina di regia l’attaccante di ruolo Roberto Mancini piuttosto che affidarla a lui. Oltretutto la stagione terminò male (arrivò la vittoria della Coppa della Coppe, sì, ma lo scudetto sfumò all’ultima giornata e andò al Milan). Così il ‘Piccolo Buddha’, così rinominato per la testa completamente rasata, passò in prestito all’Olympique Marsiglia dove la sostanza fu la stessa (un gol in campionato, ma in 12 presenze).
Nemmeno l’aria di casa gli fece bene: nel 2000-2001, di ritorno al Barcellona, fu mandato in campo da Serra Ferrer e Rexach solo nove volte, nonostante fosse quella una delle versioni della squadra dal blaugrana meno scintillante degli ultimi anni. Nel 2001-2002 la corsa del gambero di De la Peña proseguì, e al ritorno alla Lazio passò di fatto un campionato senza giocare: una sola presenza. E tante domande da parte dei tifosi: “Ma De la Peña è ancora in squadra?“.
Inevitabile l’addio, senza troppi rimpianti, e il ritorno in Catalogna. Per giocare però nell’Espanyol, dove sarebbe tornato a esprimersi a buoni livelli, giocando per altre nove stagioni, conquistando anche la Nazionale (5 presenze complessive), un’altra Coppa del Re e una finale di Coppa Uefa. Per poi tornare a Roma nel 2011, sulla sponda giallorossa però, come vice dell’ex compagno Luis Enrique. Un altro flop.
Complessivamente pochino, dunque, per il terzo giocatore più pagato della storia della serie A. Ma Cragnotti avrebbe presto provato a rifarsi. Infatti due anni dopo si sarebbe assicurato un altro astro assoluto del centrocampo spagnolo: Gaizka Mendieta. Ma questa è un’altra storia…
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