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Novellistica pallonara – Il calcio in Algeria
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11 anni agoon
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RedazioneAli Benhalima, chi era costui? Un calciatore – ovviamente, altrimenti non se ne parlerebbe in questa rubrica – venuto al mondo il 21 gennaio 1962 in quel di Orano, città algerina nella quale Albert Camus ambientò «La peste». Nel nostro caso, esulando dalla manzoniana citazione d’apertura, e dalle vicende di Bernard Rieux, il protagonista è Ali. Che inseguiva un pallone. Sull’erba, ma anche sul parquet. 26 presenze, un gol ed una gioia immensa con l’Algeria: 16 marzo 1990, allo stadio «5 Juillet 1962» (data dell’indipendenza nazionale) ci sono oltre 110mila persone ad incitare «les Fennecs» – il cui significato è: le volpi del deserto – che s’impongono 1-0 sulla Nigeria di Amokachi e Yekini, conquistando la prima Coppa d’Africa nella storia del proprio calcio. In campo, quel giorno, anche Rabah Madjer: «il tacco di Allah».
Ali Benhalima, però, aveva un altro paio di passioni: il calcio a cinque, ed i guantoni. Nel 1989 infatti prese parte alla prima edizione congegnata dalla FIFA del campionato mondiale di futsal. L’Algeria, di cui difendeva i pali, concluse all’ultimo posto il proprio girone. Ma, stando alle mie conoscenze, si tratta comunque di una considerevole impresa: non ricordo infatti alcun calciatore in grado di cimentarsi a livelli tanto alti sia nel calcio a 5 che in quello ad undici, per giunta disimpegnandosi sia come giocatore di movimento che tra i pali.
Sempre calcio algerino, vent’anni dopo. Ricordate Mourad Meghni, che arrivò a Bologna con l’invidiabile ed asfissiante etichetta di «nuovo Zidane»? Due gol nell’annata d’esordio, contro Como e Milan, quindi una lunga ed inesorabile flessione. Non si trattava, evidentemente, di una riedizione di Zizou. Ma nella sua terra, l’affetto nei confronti del ragazzo non conosce limiti: nel 2010, il Ministro della Pubblica Istruzione ha deciso d’inserire una breve biografia di Meghni nel programma degli studenti frequentanti la scuola media. Giù il cappello.