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Novellistica pallonara: la coppa Rimet
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12 anni agoon
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Redazione© foto di Liverani
È domenica sera, David Corbett esce di casa con al guinzaglio il fido Pickles. Bastardino con più di un Collie nell’abero genealogico, ha quattro anni e – come la stragrande maggioranza dei quadrupedi – una sconfinata curiosità. Nel tragitto che dovrebbe condurre lui ed il suo padrone ad una cabina telefonica, l’attenzione dell’arguto Pickles – letteralmente, «sottaceti», ma utilizzato anche nell’accezione di «monello» – ricade su un giornale accartocciato: siamo a South Norwood, periferia sud di Londra, ed il ventiseienne Corbett lo agguanta e ne svela il contenuto. Toh, si tratta della Coppa Rimet: una Nike, personificazione alata della vittoria nella mitologia greca e non ancora azienda d’abbigliamento sportivo, forgiata dallo scultore francese Abel Lafleur, pesante quasi quattro chili. Cui manca la testa.Che si trova tra le mani di Joe Mears, all’epoca presidente della Football Association: corredo della lettera in cui venivano richieste 15mila sterline per riavere il prezioso trofeo, trafugato il 20 marzo 1966 – esattamente un settimana prima del ritrovamento – mentre era esposto nella Westminster Central Hall. Furto curioso, perché il pezzo forte della mostra erano i francobolli, e non certo i quasi due chili di argento placcato oro della coppa, e perché il colpevole non fu mai scovato. In manette finì Edward Betchley, 46enne disoccupato, ma venne ben presto scarcerato: in cambio di 500 sterline, aveva fatto da intermediario, per conto di uomo noto come «The Pole».
Corbett, intanto, si godeva le 5000 sterline di ricompensa, il quintuplo di quanto avrebbero ricevuto qualche mese più tardi i calciatori della Nazionale inglese come premio per la vittoria del Mondiale. A Pickles toccò invece una breve carriera cinematografica: prese parte al film «The Spy with a Cold Nose», prima di morire l’anno seguente, strangolato dal proprio guinzaglio mentre inseguiva un gatto.
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