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Parla Petkovic: “Io, cittadino del mondo”
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12 anni agoon
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RedazioneVladimir Petkovic è arrivato in Italia tra lo scetticismo generale. Gli stenti nelle partite del precampionato avevano prestato il fianco a critiche di ogni genere. Attorno al tecnico bosniaco si era sviluppato una sorta di sarcasmo a tratti irritante. Lui ha risposto con i risultati, che ci parlano di una Lazio a punteggio pieno dopo due giornate. Tra le pagine dell’edizione odierna del Corriere dello Sport troviamo una bella intervista del tecnico della Lazio, che parla a 360 gradi.
La vita per l’ex allenatore del Basilea, come per tanti figli della ex Jugoslavia, è stata piena di ostacoli: “Gli anni della guerra sono stati difficilissimi. Appartengo ad una generazione che è stata costretta a fuggire. Così si trovano abitanti di origine bosniaca ovunque, dal Canada all’Australia e via dicendo. Io ed i miei genitori siam scappati all’estero, mentre ad esempio i miei suoceri han scelto di rimanere a Sarajevo. A voler trovare qualcosa di positivo, questa vicenda ha forgiato la mia personalità“.
Petkovic parla anche della sua famiglia: “I miei genitori mi hanno fornito un’educazione splendida. Entrambi sono stati maestri di scuola, e mio padre ha anche fatto il calciatore nonchè l’allenatore. Ho bei ricordi delle trasferte fatte assieme a lui con la sua squadra“.
L’allenatore della Lazio ha lun passato fatto di svariate esperienze lavorative: “Ho fatto il calciatore per 17 anni, ed una volta smesso non avevo le idee chiare su cosa fare. E’ stato un periodo lungo 7 anni. Ho fatto di tutto, dall’allenatore-giocatore, fino a frequentare un corso per allenatori. Poi ho fatto vari lavori, ho preso parte ad un’impresa di pulizie, e sono stato insegnante nelle scuole alberghiere. Ricordo con particolare piacere i 5 anni e mezzo vissuti alla Caritas, dove mi occupavo di gente con problemi economici ma anche di altro tipo. Gli ultimi 2 anni alla Caritas son coincisi con la mia carriera da allenatore al Bellinzona, quando abbiamo ottenuto una storica promozione nella serie A svizzera“.
Petkovic racconta anche il suo rapporto con l’Italia: “Non mi sono mai sentito straniero qua da voi. Sono stato ben accolto e mi son subito integrato, come capitatomi ovunque io sia andato. Il mio modo di pensare è simile a quello degli italiani. Il fatto che io abbia vissuto in una città multietnica come Sarajevo, mi fornisce sempre una grossa mano a tal proposito“.
Come detto, Petkovic ha avuto a che fare con una certa diffidenza iniziale: “Diciamo che in Italia c’è la tendenza a pensare che solo qui si sappia fare calcio. Invece bisogna entrare nell’ordine di idee che anche uno straniero possa dar qualcosa di buono. Bisogna dar tempo alle persone di poter portare avanti il proprio progetto lavorativo. Adesso c’è entusiasmo nel popolo laziale, ma so che verranno anche momenti brutti. So anche che però, la Lazio, in questo momento sta dando il 90 %, mentre io pretendo il 110 %. Intanto ringrazio i vari Prandelli, Simeone e Reja per gli attestati di stima“.
L’allenatore bosniaco spiega quindi come mai, dopo gli stenti estivi, la Lazio stia andando benissimo: “Io non son venuto qui ad insegnare niente a nessuno, non sono un mago. Semplicemente, prima della partita di Bergamo, ho guardato i miei ragazzi, ed ho detto loro che molte cose buone fatte da Reja non potevano essere cancellate. Per cui le ho prese, le ho unite alle mie idee, ed il gioco è stato fatto. Sono sempre stato uno che assimila molto dal modo di lavorare degli altri. Anche quando ero piccolo, ed andavo con mio padre a visitare gli allenamenti altrui, ne rimanevo affascinato. Il migliore? Wenger“.
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